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La biodiversità al centro degli agroecosistemi

In termini di superficie più di un terzo degli ecosistemi svizzeri integrano delle attività agricole, costituendo così una grande varietà di agroecosistemi. Gli agrosistemi sono il riflesso della combinazione di un orientamento della produzione e delle condizioni di produzione imposte dal contesto ambientale locale (topografia, clima, suolo e biodiversità). Secoli di evoluzione parallela di pratiche agricole e condizioni ambientali hanno plasmato un paesaggio rurale ricco di habitat naturali e di specie, sviluppando al contempo una grande agrobiodiversità di piante coltivate e di animali da reddito («Diversità delle risorse genetiche»).

Una delle missioni importanti degli agroecosistemi è la produzioni di derrate alimentari. Inoltre essi forniscono servizi ecosistemici quali, per esempio, la regolazione della qualità dell’acqua e del suolo, la diffusione dell’agrobiodiversità e dei nostri valori culturali. A loro volta gli agrosistemi dipendono da servizi provenienti da altri ecosistemi (p.es. l’impollinazione delle colture da parte di api e altri insetti, la regolazione biologica degli organismi nocivi attraverso organismi utili («Impollinatori e organismi utili»), gli organismi viventi del suolo necessari alla sua formazione e al mantenimento della sua fertilità («Biodiversità del suolo»), da risorse idriche di qualità e dal buon funzionamento del ciclo delle sostanze nutritive. Gli agroecosistemi ricevono anche disservizi che possono ridurre la loro produttività o aumentare i costi di produzione (p.es. malattie, parassiti o specie invasive). Una lavorazione del suolo eccessiva o l’utilizzo inappropriato di mezzi di produzione possono a volte superare la capacità (o portanza) ambientale e generare disservizi riconducibili agli agroecosistemi (p.es. eccedenze di azoto troppo elevate possono alterare la biodiversità di ecosistemi sensibili quali le foreste, gli specchi d’acqua e le paludi (Zhang e al. 2007, Power 2015)).

Siccome molti dei servizi/disservizi derivano dalla ricchezza della biodiversità (Soliveres et al. 2016), occorre gestire quest’ultima in maniera ottimale su tutti i livelli (genetico, delle specie, degli habitat e funzionale) affinché l’uomo possa trarre vantaggio dei numerosi servizi forniti dagli agroecosistemi senza tuttavia alterare la capacità di altri ecosistemi di fornire altri servizi ugualmente richiesti dalla società.

Esame e aggiornamento degli obiettivi nel settore della biodiversità

In occasione della sua seduta del 9 dicembre 2016 (UFAM & UFAG 2016), il Consiglio federale ha approvato il rapporto allestito in risposta al postulato Bertschy (13.4284) concernente gli obiettivi ambientali per l’agricoltura (OAA) Quest’ultimo richiedeva un’analisi della situazione riguardante gli OAA che, sulle basi legali esistenti, erano state definiti congiuntamente dagli Uffici federali interessati (UFAM & UFAG 2008).

OAA nel settore della biodiversità (UFAM & UFAG 2016)

L’agricoltura fornisce un contributo essenziale alla salvaguardia e alla promozione della biodiversità. Ciò comprende i seguenti aspetti: 1) la diversità delle specie e degli habitat, 2) la diversità genetica tra le specie e 3) la biodiversità funzionale.

1) L’agricoltura garantisce e promuove le specie indigene (cfr. UFAM & UFAG 2008, allegato 1), presenti soprattutto sulle superfici agricole o dipendenti dall’utilizzazione agricola, nonché gli habitat (cfr. allegato 2, UFAM & UFAG 2008) nella loro area di diffusione naturale. Da un lato, l’agricoltura conserva e promuove le popolazioni delle specie bersaglio, dall’altro promuove le popolazioni delle specie faro rendendo disponibili habitat adeguati, dotati di superfici sufficienti e dei necessari requisiti in termini di qualità e distribuzione sul territorio.

2) L’agricoltura fornisce un contributo fondamentale alla conservazione e all’utilizzazione sostenibile di varietà indigene di piante agricole e di razze svizzere. Salvaguarda e promuove la diversità genetica delle specie indigene selvatiche imparentate con le piante coltivate, delle piante indigene selvatiche utilizzate per l’alimentazione e l’agricoltura e di altre specie indigene selvatiche presenti soprattutto sulle superfici agricole.

3) L’agricoltura salvaguardia e promuove i servizi ecosistemici forniti dalla biodiversità.


UFAM & UFAG 2016       

Rispetto al 2008 l’obiettivo parziale 1 relativo alle specie e agli habitat non è stato adattato ma nel frattempo è stato attuato. Sono stati stabiliti i valori target di natura quantitativa e qualitativa per la realizzazione degli OAA nelle diverse zone agricole (Walter et al. 2013). L’obiettivo parziale 2 relativo alla diversità è stato completato e ora comprende la necessità di favorire la conservazione delle piante indigene selvatiche imparentate con le piante coltivate o utilizzate per l’alimentazione e l’agricoltura. Infine visto che gli agroecosistemi dipendono o forniscono servizi/disservizi ecosistemici, l’obiettivo parziale 3 relativo ai servizi ecosistemici è stato rafforzato.

Grado di raggiungimento: situazione e prospettive

Sulla base delle conclusioni del rapporto in risposta al postulato Bertschy (UFAM & UFAG 2016), si può stilare il seguente bilancio riguardo ai tre obiettivi parziali.

Per quanto concerne l’obiettivo parziale 1, il potenziamento delle misure agricole che mirano a promuovere la biodiversità ha permesso probabilmente di frenare la perdita di specie indigene e di habitat nel corso di questi ultimi anni. Gli obiettivi intermedi della Politica agricola 2014 – 2017 in termini di superficie di promozione della biodiversità SPB (SAU in pianura, % interconnessione e di QII) sono praticamente stati raggiunti (SPB). Stando alla qualità ecologica richiesta per ogni zona agricola e a una stima dello stato 2010 descritti in Walter et al. 2013, restano tuttavia notevoli lacune da colmare per raggiungere l’obiettivo relativo alle SPB di grande qualità ecologica. Sulla base delle SPB notificate per i contributi nel 2016, è possibile fare una stima della situazione nel 2016. Secondo questa stima la quota di superficie di qualità ecologica dovrebbe ancora raddoppiare nelle zone di pianura, collina e montagna I. Per le zone di montagna III e IV nonché nella regione d’estivazione, la superficie è in gran parte sottostimata poiché le SPB di QII non sono state tutte annunciate.

Quota di superfici di qualità ecologica nelle terre agricole

Zona  Obiettivi
(secondo Walter
et al. 2013)
Stato 2010
(secondo Walter
et al. 2013)
Stato 2016
(stima secondo
i contributi SPB 2016)
Pianura10 (8 – 12)2,2 – 4,0 %~ 5 %
Collina12 (10 – 14)3,5 – 4,5 %~ 6 %
Montagna I13 (12 – 15)3 – 4,5 %~ 6 %
Montagna II17 (15 – 20)4,8 – 10 %~ 8 %
Montagna III30 (20 – 40)20 – 40 %~ 14 %
Montagna IV45 (40 – 50)40 – 50 %~ 27 %
Totale16 (12 – 20)6 – 10 %~ 7 %
Regione d’estivazione(40 – 60)40 – 60 %~ 30 %

Stima dello stato 2016: superfici di promozione della biodiversità notificate per i contributi di QII (alberi da frutto ad alto fusto e noci inclusi) + maggesi fioriti, maggesi da rotazione, fasce di colture estensive, strisce su superficie coltiva e siepi, boschetti campestri e rivieraschi (QI). Per le zone di estivazione: superfici inerbite e terreni da strame ricchi di specie nella regione d’estivazione (QII).

L’agricoltura esercita ancora una pressione considerevole sugli ecosistemi sensibili. La biodiversità delle torbiere alte e basse, nonché dei prati e dei pascoli secchi subisce i contraccolpi degli apporti di azoto dovuti all’allevamento (CFIAR 2014, Roth et al. 2013). Ne risulta anche che le popolazioni di circa 1700 specie bersaglio e faro definite negli OAA (UFAM & UFAG 2008) continuano a diminuire. L’obiettivo parziale 1 non è quindi stato raggiunto.

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Per quanto riguarda l’obiettivo parziale 2, l’utilizzo di razze svizzere avviene interamente in loco ad opera degli agricoltori, ovvero nell’azienda. Il monitoraggio delle razze è assicurato dalle organizzazioni di selezione riconosciute che applicano misure quali l’iscrizione della diversità genetica nei libri genealogici e l’integrazione nei predisposti programmi di selezione. Per quanto riguarda le piante coltivate, il mantenimento di misure esistenti nel quadro del piano di azione nazionale per la conservazione e l’utilizzo sostenibile delle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura (PAN-RFGAA, cfr. anche il diversità di risorse genetiche) permette di assicurare la realizzazione dell’obiettivo. L’obiettivo parziale non è ancora stato raggiunto dalle specie selvatiche in particolare da quelle imparentate con le specie coltivate. Per quest’ultime una prima valutazione basata sul potenziale d’utilizzo ha determinato la stesura di una lista prioritaria per la Svizzera. Occorrerà affinare questa priorizzazione tenendo conto dell’importanza sia per l’agricoltura, sia per l’ambiente. In seguito si dovrà rilevare il livello di conservazione ex situ e in situ; in base a tale rilevazione si potranno discutere eventuali misure di conservazione ex situ e/o in situ.

Per quanto concerne l’obiettivo parziale 3 finora non esiste un indicatore o quadro analitico specifico per valutare lo stato e l’evoluzione dell’OAA. Al fine di concretizzare l’obiettivo è opportuno ricorrere a esempi provenienti dalla ricerca applicata che dimostrano come si può promuovere e conservare la biodiversità in modo mirato per incentivare i servizi che ne derivano. Tra gli esempi esistenti si possono citare i lavori che mettono in luce il legame tra la biodiversità del suolo e la produzione agricola (cfr. articolo Biodiversità del suolo), o anche l’importanza e i mezzi di promozione degli impollinatori e degli organismi utili al fine di aumentare l’efficienza degli agroecosistemi (cfr. articolo Impollinatori e organismi utili).

Sviluppo mirato del monitoraggio della biodiversità

Il monitoraggio della biodiversità svizzera (MBD) fornisce già un certo numero di indicatori sulla biodiversità pertinenti per l’agricoltura (p.es.: «Diversità delle biocenosi di prati e pascoli», «Habitat di grande valore» che documentano l’evoluzione dei prati e dei pascoli secchi o anche «Apporto eccessivo di azoto negli ecosistemi sensibili»). Nel quadro del monitoraggio agroambientale, molti indicatori agroambientali (IAA che documenta la pressione indiretta esercitata sulla biodiversità sia a livello nazionale o aziendale (p.es. emissioni di ammoniaca, bilancio di azoto e di fosforo). L’evoluzione della risposta politica è documentata regolarmente dall’evoluzione delle superfici di promozione della biodiversità (SPB). Tra gli indicatori dello stato complementare al MBD, l’indice degli uccelli nidificanti è stato appositamente adattato per le necessità dell’agricoltura, definendo le specie bersaglio e faro (cfr. grafico qui sopra).

Nei prossimi anni si colmeranno importanti lacune a livello degli indicatori dello stato della biodiversità sulla superficie agricola.

In primis il programma ALL-EMA («Arten und Lebensräume Landwirtschaft – Espèces et milieux agricoles», www.all-ema.ch) lanciato nel 2015 amplierà gli indicatori dello stato del monitoraggio agroambientale. A partire dal 2020 queste rilevazioni collegate a quelle di programmi di monitoraggio quali il MBD e il monitoraggio degli effetti della protezione dei biotopi in Svizzera permetteranno di trarre conclusioni dettagliate sullo stato delle specie e degli habitat nonché sull’efficacia delle superfici di promozione della biodiversità. ALL-EMA permetterà non soltanto di quantificare la biodiversità che compone i nostri agroecosistemi ma di valutare a lungo termine la sua evoluzione. Vedi video sull’ALL-EMA (francese):


In secondo luogo al fine di meglio comprendere il potenziale impatto delle attività agricole sulla biodiversità è stato elaborato un modello d’impatto per undici gruppi di specie basato sulle colture e sugli habitat di aziende agricole nonché sui rispettivi sistemi di gestione (Jeanneret et al. 2014). Agroscope ha convalidato questo modello d’impatto sul terreno nel quadro del progetto europeo di ricerca BioBio (Lüscher et al. 2017). Questo modello è utilizzato a livello aziendale come indicatore agroambientale (IAA «Conseguenze potenziali delle attività agricole sulla diversità biologica») e valuta le aziende dell’analisi centralizzata degli indicatori agroambientali (AC-IAA, cfr. link all’articolo degli IAA). Secondo il tipo di azienda e la regione, l’IAA «Conseguenze potenziali delle attività agricole sulla diversità biologica») ha rilevato poche fluttuazioni nel corso del tempo. Se ci si concentra su regioni specifiche e su aziende che partecipano al progetto dall’inizio (30 nella zona di montagna e 64 nella zona di pianura, dal 2009 al 2015), si possono tuttavia osservare le seguenti tendenze. 

Zona di montagna: un lieve miglioramento sembra profilarsi per i ragni, gli scarabei, le farfalle diurne e gli ortotteri. Nei prati permanenti la quantità di concimazione, il numero di sfalci e il pascolo sono preponderanti. In effetti i risultati più elevati (16 – 17 su un massimo di 19) sono ottenuti dalle particelle senza concimazione, con un numero ridotto di sfalci all’anno e senza pascolo. Per le farfalle diurne i risultati più elevati (>25 su un massimo di 28) sono ottenuti nei prati da sfalcio senza concimazione. Questi rappresentavano circa il 25 per cento dei prati permanenti.

Zona di pianura: nella campicoltura i cereali autunnali ottengono in media 5,5 punti (su un max. di 7,2). I campi al di sopra di 7 sono in coltura estensiva («produzione estensiva») e con una concimazione molto ridotta. Questi cereali costituiscono circa il 14 per cento dei campi di cereali autunnali. Per gli scarabei i risultati più elevati (>12 su un max. di 15) sono anche ottenuti da cereali prodotti estensivamente senza applicazione d’insetticidi, né di fungicidi e una concimazione molto ridotta.

Bibliografia

Commissione federale d’igiene dell’aria (CFIAR), 2014: Ammoniak-Immissionen und Stickstoffeinträge Ein Modul der Vollzugshilfe Umweltschutz in der Landwirtschaft. Commissione federale d’igiene dell’aria, Berna.
 
Jeanneret, P., Baumgartner, D.U., Freiermuth Knuchel, R., Koch, B. & Gaillard, G. (2014) An expert system for integrating biodiversity into agricultural life-cycle assessment. Ecological Indicators, 46, 224 – 231.
 
Lüscher, G., Nemecek, T., Arndorfer, M., Balázs, K., Dennis, P., Fjellstad, W., Friedel, J.K., Gaillard, G., Herzog, F., Sarthou, J.-P., Stoyanova, S., Wolfrum, S. & Jeanneret, P. (2017) Biodiversity assessment in LCA: a validation at field and farm scale in eight European regions. The International Journal of Life Cycle Assessment, 1 – 10.
 
UFAM & UFAG 2008: Umweltziele Landwirtschaft, hergeleitet aus bestehenden rechtlichen Grundlagen, Umwelt-Wissen Nr. 0820. Ufficio federale dell’agricoltura, Berna (disponibile in tedesco e francese).
 
UFAM & UFAG 2016: Umweltziele Landwirtschaft. Statusbericht 2016. Ufficio federale dell’ambiente, Berna  Umwelt-Wissen Nr. 0820: pag. 116.
 
Power, A. G. (2010). Ecosystem services and agriculture: tradeoffs and synergies. Philosophical Transactions of the Royal Society of London B: Biological Sciences, 365(1554), 2959 – 2971.
 
Roth T. et al. 2013: Nitrogen deposition is negatively related to species richness and species composition of vascular plants and bryophytes in Swiss mountain grassland. Agriculture, Ecosystem and Environment 178, 121 – 126.
 
Soliveres S. et al. 2016: Biodiversity at multiple trophic levels is needed for ecosystem multifunctionality. Nature, doi: 10.1038/nature 19092.
 
Walter T., Eggenberg S., Gonseth Y., Fivaz F., Hedinger C., Hofer G., Klieber-Kühne A., Richner N., Schneider K., Szerencsits E., Wolf S. 2013: Opérationnalisation des objectifs environnementaux pour l’agriculture. Domaine espèces cibles et caractéristiques, milieux naturels (OPAL). ART-Schriftenreihe 18.
 
Zhang, W., Ricketts, T. H., Kremen, C., Carney, K., & Swinton, S. M. (2007). Ecosystem services and dis-services to agriculture. Ecological economics, 64(2), 253 – 260.

Philippe Jeanneret, Gisela Lüscher e Thomas Walter, Divisione di ricerca Agroecologia e ambiente, Agroscope
Jérôme Frei, UFAG, Settore Sistemi agroambientali e sostanze nutritive,jerome.frei@blw.admin.ch

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